Le operazioni di chiusura dei conti del bilancio 2021, le relative imposte e le connesse scritture contabili.

    1. Introduzione

Lo scopo di questo post è quello di rammentare ed evidenziare quali sono le principali operazioni di chiusura dei conti di una società di capitali e indicare anche le modalità di calcolo delle imposte IRES ed IRAP ai fini della dichiarazione dei redditi del relativo periodo di imposta.
Come è noto, gli amministratori di società devono redigere annualmente il bilancio di esercizio in conformità alle regole e ai schemi di cui agli articoli 2423 e seguenti del Codice civile, ai principi contabili nazionali predisposti dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC 11) e ai Principi contabili internazionali (IAS).
Il D.lgs. 127/1991, con l’art. 25, dispone che le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata nel caso in cui controllano un’impresa debbano redigere il bilancio consolidato. Però, l’art. 27 dello stesso decreto stabilisce che non ne sono soggette: “… le imprese controllanti che, unitamente alle imprese controllate, non abbiano superato, per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti:
    a) 20.000.000 di euro nel totale degli attivi degli stati patrimoniali;
    b) 40.000.000 di euro nel totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni;
    c) 250 dipendenti occupati in media durante l’esercizio”.

Le società di capitali sono obbligate a redigere il bilancio annuale che, ai sensi dell’articolo 2423 del Codice civile, è composto dallo Stato patrimoniale, dal Conto economico, dal Rendiconto finanziario e dalla Nota integrativa (Bilancio ordinario).
Le società, a certe condizioni e limiti, possono redigere il bilancio in forma abbreviata (art. 2435-
bis) o super abbreviato (art. 2435-ter c.c.).
Le società che redigono il bilancio in forma abbreviata devono redigere il bilancio in forma ordinaria quando per il secondo esercizio consecutivo abbiano superato due dei limiti indicati nel primo comma dell’art. 2435-bis del Codice civile.
Le microimprese, ai sensi dell’art. 2435-ter del Codice civile, sono esonerate dalla redazione del Rendiconto finanziario e dalla redazione della Nota integrativa se in calce allo Stato patrimoniale riportano le informazioni previste dal primo comma dell’art. 2427, numeri 9) e 16) del Codice civile. Le microimprese devono redigere il bilancio, a seconda dei casi, in forma abbreviata o in forma ordinaria quando per il secondo esercizio consecutivo abbiano superato due dei limiti indicati nel primo comma dell’art. 2435-ter del Codice civile.

    2. Le fasi di redazione del bilancio e la sua formazione

Dal punto di vista strettamente contabile, per la formazione del bilancio sono previste una serie di fasi, che possono essere così riassunte:
        ◦ Redazione del bilancio di verifica;
        ◦ Scritture di completamento;
        ◦ Scritture di integrazione e rettifiche;
        ◦ Scritture di ammortamento;
        ◦ Rilevazione delle imposte di esercizio;
        ◦ Determinazione del risultato economico;
        ◦ Formazione dello Stato patrimoniale;
        ◦ Redazione del bilancio e la sua approvazione.

Contabilmente, nelle aziende, a fine esercizio, risultano le seguenti categorie di conti:
    a) finanziari: accesi ai valori finanziari attivi e ai valori finanziari passivi;
    b) di patrimonio: accesi al patrimonio netto, ai suoi aumenti e diminuzioni;
    c) di reddito: accesi ai costi e ai ricavi (di esercizio, pluriennali e sospesi).
I valori contenuti nei suddetti conti non sono adatti, così come risultano dalla contabilità, a mettere in evidenza il reddito di esercizio e il patrimonio, in quanto, generalmente:
    1) non tutti i costi e i ricavi risultano contabilizzati;
    2) alcuni costi e ricavi sono relativi all’esercizio corrente e agli esercizi successivi.

Pertanto, nel primo caso sono necessarie le scritture di “integrazione” altrimenti il reddito risulterebbe errato per eccesso o per difetto. Mentre, nel secondo caso sono necessarie le scritture di “rettifica” per scindere i costi e i ricavi nelle due componenti, quella di competenza dell’esercizio e quella di competenza degli esercizi futuri.
Quindi, a fine esercizio bisogna effettuare le c.d. scritture di “assestamento”, cioè quelle tramite le quali viene verificato che l’utilità del costo o del ricavo riguarda quel determinato esercizio. Le dette scritture vengono classificate in diverse tipologie di seguito enucleate:
    a) scritture di completamento: sono quelle che vengono registrate a fine esercizio in quanto non potevano essere registrate prima (es: contabilizzazioni di interessi bancari);
    b) scritture di integrazione: sono scritture di inclusione di costi e di ricavi; esse sono necessarie per completare i valori iscritti in contabilità generale e riguardano costi o ricavi parzialmente di competenza dell’esercizio ma non ancora registrati in contabilità generale in quanto hanno manifestazione numeraria nell’esercizio successivo o a costi rilevati al fine di rispettare il principio della prudenza;
    c) scritture di rettifica: sono necessarie per esprimere in contabilità generale quali sono i valori di competenza dell’esercizio. Esse, inoltre, riguardano storni di costi o di ricavi non di competenza dell’esercizio di riferimento e che fino a quel momento erano stati imputati interamente a Conto economico;
    d) le scritture di ammortamento: sono le scritture che permettono di imputare a Conto economico le quote dei costi pluriennali di competenza dell’esercizio in chiusura.
Solo dopo aver rilevato le suddette scritture si può procedere a redigere le scritture di chiusura dei conti e con la relativa rilevazione del risultato di esercizio.

    3. Il bilancio di verifica

Prima di procedere alla redazione delle scritture di chiusura dei conti, è opportuno redigere un bilancio di verifica avente lo scopo di mappare tutti i conti utilizzati durante l’esercizio amministrativo, verificare le eccedenze di ciascun mastrino e correggere eventuali errori di registrazione al fine di verificare la corretta collocazione a bilancio di tali conti.
Il bilancio di verifica inoltre permette di controllare che il saldo delle operazioni registrate in “DARE” sia coerente con quello delle operazioni registrate in “AVERE” e, pertanto, è opportuno controllare, a titolo non esaustivo, i seguenti conti:
    • Cassa: tale conto deve avere sempre un saldo “dare”;
    • Banca: occorre verificare che il relativo saldo contabile sia coerente con quello risultante dall’estratto conto della banca e verificare che sia stato tenuto conto degli interessi attivi o passivi dell’ultimo trimestre;
    • Clienti e Fornitori: occorre verificare che il saldo dei singoli clienti e quello dei singoli fornitori, sia coerente con l’importo delle fatture attive registrate e non ancora incassate e, di conseguenza, con l’importo delle fatture passive registrate e non ancora pagate;
    • Debiti (imposte e contributi): in tal caso occorre verificare quanto segue:
    a) Erario c/IVA: tale saldo dovrebbe coincidere con il saldo della liquidazione IVA di dicembre, da versare nel mese di gennaio per i contribuenti mensili o in sede di dichiarazione annuale per i contribuenti trimestrali;
    b) Debiti v/INPS: il saldo di tale conto deve essere coerente con l’importo netto da liquidare nel mese di gennaio risultante dal relativo Modello;
    c) Debiti v/INAIL: il saldo di tale conto deve essere coerente con l’importo da versare sulle retribuzioni dell’esercizio in chiusura;
    d) Erario c/ritenute a debito: il saldo di tale conto deve essere coerente con il debito IRPEF sulle retribuzioni e sui compensi operati nel mese di dicembre, da versare tramite il Modello F24 entro il 16 gennaio dell’anno successivo;
    • Altri debiti: l’impresa potrebbe avere anche ulteriori debiti:
    a) Debito verso dipendenti per retribuzioni: il saldo di tale conto deve essere coerente con l’importo complessivo netto delle retribuzioni da corrispondere per il mese di chiusura del bilancio.
    b) Mutui passivi: il saldo di tale conto deve corrispondere con il debito in conto capitale al 31 dicembre esposto nel piano di ammortamento rilasciato dall’Istituto finanziatore.

Il bilancio di verifica è un documento contabile con il quale viene riportato, per ogni conto, il totale degli importi registrati in dare e il totale degli importi registrati in avere. Dal controllo, l’ammontare del saldo della sezione dare e quella della sezione avere dovranno coincidere (quadratura dei conti) stante la logica di rilevazione contabile della partita doppia.
Il bilancio di verifica, unitamente alla situazione contabile, permette di ottenere informazioni sugli elementi che compongono il patrimonio e sui diversi componenti di reddito e, sommariamente, anche sui diversi componenti di reddito.
Il documento può essere redatto:
        ◦ prima della stampa del libro giornale;
        ◦ prima che vengano redatte le scritture di assestamento;
        ◦ prima che vengono compilate le scritture di epilogo e di chiusura in senso stretto.

Si presenta a più colonne nelle quali vengono riportati: il numero del conto, la sua denominazione, il totale dare e il totale avere.

Il primo bilancio di verifica sarà oggetto di attento controllo per individuare se vi sono stati errori, quali: omissioni di registrazione in partita doppia, errori di imputazioni, inversioni di cifre, utilizzi di conti errati, etc.

    4. Le scritture di completamento

Le scritture di completamento sono tutte quelle scritture che a fine esercizio non sono state ancora registrate in contabilità e in particolare riguardano, ad esempio: fatture da emettere, fatture da ricevere, interessi attivi e passivi bancari, imposte di competenza, accantonamento quote TFR.
In merito alle fatture da emettere è da rilevare che nel corso dell’esercizio le fatture di vendita relative ai beni e servizi sono registrate al momento dell’emissione della fattura.
Alla fine dell’esercizio, però, può capitare che la fatturazione, la contabilizzazione e la consegna abbiano tempistiche differenti.
Però, a fine esercizio, anche se ancora non è stata emessa la fattura per la vendita di merci, ad esempio per euro 1.000,00, nel rispetto del principio della competenza, è necessario procedere alla registrazione in contabilità con la seguente scrittura in partita doppia:
     31-12-2021     
Fatture da emettere    a    Merci c/vendite    1.000,00
(per vendita di merce al cliente x)

 

Per le fatture da ricevere, esse vengono contabilizzate al momento di ricezione della fattura passiva da parte del relativo fornitore. Se a fine esercizio non è stata ricevuta la fattura, è necessario apportare delle rettifiche al fine di rispettare il principio della competenza.
Se i beni sono stati ricevuti dal cessionario o committente, ma quest’ultimo non ha ancora ricevuto la relativa fattura passiva e nell’ottica che tali beni parteciperanno alla formazione delle rimanenze, la scrittura contabile è la seguente:
     31-12-2021     
Merci c/acquisti    a    Fatture da ricevere    1.000,00 (Per acquisto di merci dal fornitore x)

 

Per le fatture da ricevere per prestazioni di servizi potrebbe verificarsi il caso per le quali il cessionario o committente abbia ricevuto il relativo servizio reso dal cedente o prestatore, ma lo stesso ancora non abbia provveduto ad effettuare il relativo pagamento né la fatturazione. Al riguardo è comunque necessario procedere alla rilevazione della scrittura contabile:
     31-12-2021     
Prestazione da terzi    a    Fatture da ricevere    2.000,00
(Fattura da ricevere dal cliente x)

Le scritture relative alla rilevazione di interessi passivi e attivi bancari maturati sui mutui e/o sui depositi in conto corrente sono le seguenti:
     31-12-2021     
Diversi        a    Interessi attivi bancari    100,00 Banca X c/c    76,00
Banca c/ ritenute    24,00
(Interessi attivi bancari accreditati in data antecedente alla chiusura dell’esercizio)

 

    5. Le scritture di integrazione e rettifica

Le scritture di integrazione e rettifica sono quelle che riguardano valori che sino alla data di chiusura dell’esercizio non sono stati registrati in contabilità generale in quanto hanno manifestazione numeraria nell’esercizio successivo, la cui considerazione è tuttavia necessaria al fine di rispettare i postulati previsti dal Codice civile.
Quindi, le scritture di integrazione consistono nell’inserimento di nuovi valori nell’esercizio al fine di rispettare il principio della prudenza e della competenza.
Mentre, le scritture di rettifica sono quelle che determinano una variazione del valore di componenti reddituali già rilevati in corso di esercizio a cui si accompagna la correlata variazione dei valori patrimoniali. Esse sono necessarie per esprimere in contabilità generale quali sono i valori di competenza dell’esercizio. Con le scritture di rettifica si mira a definire quali sono i costi e i ricavi di competenza dell’esercizio, per determinare il suo reddito.
Le più frequenti scritture di integrazione sono:
    1. ratei attivi e passivi;
    2. accantonamento ai fondi spese future e fondi rischi.

Le più frequenti scritture di rettifica sono:
    1. risconti attivi e passivi;
    2. variazioni di magazzino;
    3. capitalizzazioni di costi;
    4. svalutazioni e rivalutazione di immobilizzazioni.

I ratei attivi sono valori comuni a due o a più esercizi che esprimono quote di ricavi, da rilevare integralmente in successivi esercizi, che per competenza devono essere attribuiti all’esercizio in chiusura. Il valore del rateo è determinato con riferimento al periodo di tempo “economico” che è già decorso alla data di bilancio.
I ratei passivi sono valori comuni a due o più esercizi che esprimono quote di costi da rilevare integralmente in successivi esercizi, che per competenza devono essere attribuiti all’esercizio in chiusura. È necessario che le quote di competenza dei singoli esercizi siano determinabili in
ragione del tempo di utilizzazione economica di fattori produttivi. Il rateo evoca una manifestazione numeraria posticipata rispetto alla competenza economica.
Esempio di scrittura contabile di un rateo passivo relativo a spese generali di amministrazione.
     31-12-2021     
Spese generali di amministrazione    a    Ratei passivi
(Spese generali di amministrazione)

 

Esempio di scrittura contabile relativo a un rateo attivo per interessi attivi su titoli.
     31-12-2021     
Ratei attivi    a    Interessi attivi su titoli
(Interessi attivi su titoli)

A fine anno si dovranno anche registrare in contabilità gli interessi attivi o passivi maturati su conti correnti bancari o riguardante clienti o fornitori.
La scrittura contabile degli interessi attivi maturati su c/c bancario è la seguente:
     31-12-2021     
Diversi    a    Interessi attivi bancari Banca c/c
Erario c/ritenute d’acconto.
(Interessi attivi bancari di fine anno)

 

Tra le scritture di integrazione di fine anno vi è quella relativa alla quota di ammortamento dei fattori pluriennali, i quali, come sappiamo, è prevista per un determinato numero di anni, più o meno esteso a seconda dei casi. Essi, pertanto, concorrono parzialmente all’attività dell’esercizio: subiscono nel periodo amministrativo un deprezzamento, in parte fisico e in parte economico. Sono esclusi dall’ammortamento i seguenti beni:
    a) beni non di proprietà;
    b) materie prime, semilavorati, prodotti in corso di lavorazione, prodotti finiti e merci;
    c) terreni;
    d) fabbricati civili.

Occorre determinare dunque la loro quota di ammortamento, cioè la parte del loro costo di acquisto che si ritiene “di competenza” dell’esercizio corrente, ovvero la somma che si ritiene “recuperabile” con i ricavi dell’esercizio a fronte della necessità di rinnovo degli impianti.
Il Principio contabile OIC 12 precisa che la voce “ammortamenti e svalutazioni” accoglie tutti gli ammortamenti e le svalutazioni delle immobilizzazioni materiali e immateriali. Inoltre,
accoglie le svalutazioni relative ai crediti iscritti nell’attivo circolante ed alle altre disponibilità liquide. Sono, invece, da iscrivere nella voce D) 19) “svalutazioni” del Conto economico le svalutazioni relative alle immobilizzazioni finanziarie ed alle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni.
Con riguardo all’ammortamento dei costi di sviluppo, dei costi di impianto e dell’avviamento bisogna considerare quanto segue.
L’ammortamento dei costi di sviluppo: nei casi in cui non è possibile stimarne la vita utile, gli stessi sono ammortizzati entro un periodo non superiore a 5 anni.
L’ammortamento dei costi di impianto e ampliamento: è effettuato entro un periodo non superiore a 5 anni. Fino a quando l’ammortamento dei costi di impianto, ampliamento e di sviluppo non è completato possono essere distribuiti dividenti solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati.
L’ammortamento dell’avviamento: è effettuato secondo la sua vita utile; se non dovesse essere possibile stimare la vita utile, è ammortizzato entro un periodo non superiore a dieci anni. Il piano di ammortamento deve essere periodicamente rivisto per verificare se sono intervenuti cambiamenti tali da richiedere una modifica delle stime effettuate nella determinazione della residua possibilità di utilizzazione.
In merito alla sospensione degli ammortamenti, l’art. 60 del D.L. n. 104/2020, acconsente ai soggetti che adottano i principi contabili nazionali di derogare alle disposizioni dettate dall’art. 2426 c.c. in materia di ammortamento delle immobilizzazioni materiali e immateriali. Le imprese hanno la possibilità di non contabilizzare in tutto o in parte gli ammortamenti relativi ai beni materiali e immateriali nel bilancio 2020.
Le quote non contabilizzate dovranno essere imputate nel Conto economico relativo all'esercizio successivo rinviando con medesimo criterio anche le quote successive, allungando di conseguenza il piano di ammortamento originario.
Con la Legge di Bilancio 2022 viene consentito l’estensione all’esercizio 2021 della possibilità di non imputare in bilancio gli ammortamenti.
Il legislatore ammette l’estensione della sospensione degli ammortamenti a coloro che:
    • non adottano i principi contabili internazionali;
    • hanno già usufruito della sospensione per il 100% degli ammortamenti, ai sensi dell’art. 60 co. 7-bis del D.L. 104/2020, nel redigere il bilancio di esercizio dell’esercizio 2020.
Ai fini fiscali non viene modificato l’inquadramento della sospensione, confermando la deduzione ai fini delle imposte dirette e Irap degli ammortamenti sospesi in via facoltativa, a prescindere dall’effettiva imputazione a Conto economico, senza che però ciò costituisca un obbligo e potendo comunque, in via alternativa, seguire il criterio di ordinaria deducibilità in ragione dell’imputazione al Conto economico.
La scelta della deroga dell’ammortamento dovrà essere evidenziata, con apposita informativa, in Nota integrativa, indicando:
    a) quali immobilizzazioni sono state assoggettate alla deroga di legge e in che misura non sono stati effettuati gli ammortamenti;
    b) le ragioni dell’utilizzo della deroga di legge;
    c) l’iscrizione della riserva;
    d) gli impatti sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dì esercizio.
Per tutte le società che non hanno l’obbligo di redigere la Nota integrativa, in quanto rientrano nella categoria delle microimprese, le suddette informative dovranno essere indicate in calce allo Stato patrimoniale.
Esempi di scritture in Partita doppia di ammortamenti.
Ammortamento di un impianto:
     31-12-2021     
Ammortamento impianto    a    Fondo ammortamento impianti
(ammortamento impianto con quota 15%)

 

Per l’ammortamento dei fattori immateriali, generalmente si utilizza l’ammortamento in conto. Ad esempio, la scrittura contabile delle spese d’impianto è la seguente:
     31-12-2021     
Ammortamento spese di impianto    a    Spese di impianto
(ammortamento spese di impianto 20%)

Le rimanenze
Per le aziende industriali e commerciale particolare importanza assumono le rimanenze di prodotti finiti e merci. Esse costituiscono il patrimonio di funzionamento delle aziende industriali e possono essere distinte nelle tre seguenti categorie:
    1. materie prime ed accessorie;
    2. prodotti finiti;
    3. prodotti in corso di lavorazione.

Le materie prime e i prodotti finiti sono considerati rimanenze di magazzino, i prodotti in corso di lavorazione sono considerati rimanenze di lavorazione.
Le rimanenze contabilmente sono costi sospesi rinviati all’esercizio successivo e vanno distinte in:
    a) rimanenze finali;
    b) rimanenze iniziali.
Le rimanenze finali sono rettifiche di costi e, quindi, vanno imputati al Conto economico tra i componenti positivi; mentre le rimanenze iniziali sono invece costi che vanno imputati a Conto economico tra i componenti negativi.
La scrittura contabile a fine anno:
     31-12-2021     
Rimanenze    a    Rimanenze finali
(Rimanenze di fine anno)

 

Ad inizio anno bisogna chiudere il conto rimanenze e stornarlo a rimanenze iniziali, per cui in Bilancio al primo gennaio nell’attivo non ci sarà più la voce rimanenze e nel Conto economico tra i componenti negativi figureranno soltanto le Rimanenze iniziali.
Le rimanenze presenti nell’attivo devono corrispondere alle rimanenze finali nel Conto economico.
La scrittura contabile di inizio anno:
     01-01-2022     
Esistenze iniziali    a    Rimanenze
(Rimanenze iniziali di materie prime)

La svalutazione dei crediti
A fine esercizio bisogna controllare se i crediti sono tutti esigibili e nel caso si ritiene che essi siano solo in parte esigibili, allora si devono effettuare le scritture di rettifiche accantonandone il valore in un apposito fondo di svalutazione che consente di ottenere il valore presumibile di realizzo dei crediti.
La relativa scrittura contabile risulta essere:
     31-12-2021     
Svalutazione crediti    a    Fondo svalutazione crediti
(Svalutazione crediti ritenuti inesigibili)

 

I risconti
Tra le scritture di rettifiche o di assestamento assumono importanza i risconti. Essi sono quote di costi o di ricavi che hanno già avuto manifestazione finanziaria nel corso dell’esercizio in chiusura, o in precedenti esercizi, ma sono di competenza di uno o più esercizi successivi: rappresentano la quota parte dei costi o ricavi rinviata ad uno o più esercizi successivi.
In particolare:
    a. risconti attivi: sono “quote di costi che hanno avuto manifestazione nel corso dell’esercizio in chiusura o in precedenti esercizi, ma sono di competenza di uno o più esercizi successivi” e rappresentano “la quota parte dei costi rinviata ad uno o più esercizi successivi” (OIC 18);
    b. risconti passivi: sono “quote di proventi che hanno avuto manifestazione finanziaria nel corso dell’esercizio in chiusura o in precedenti esercizi ma sono di competenza di uno o più esercizi successivi” e rappresentano “la quota parte dei proventi rinviata ad uno o più esercizi successivi” (OIC 18).
In sintesi, i risconti passivi sono operazioni di rettifica necessarie a rispettare il principio della competenza e servono a stornare i ricavi per la quota di competenza degli esercizi successivi; a fine anno vengono chiusi tra le passività dello Stato patrimoniale e all’inizio del nuovo anno il loro valore si riporta nel mastrino dei ricavi.
La scrittura contabile di un risconto attivo:
     31-12-2021     
Risconti attivi    a    Canoni leasing
(risconto su canone leasing)

I fondi per rischi e oneri
Il Principio Contabile Nazionale OIC 31 fornisce una definizione di fondi per rischi e oneri:
    a) i fondi per rischi sono delle passività di natura determinata ed esistenza probabile, il cui ammontare è stimato;
    b) i fondi per oneri sono delle passività di natura determinata ed esistenza certa, per le quali viene effettuata una stima sia per quanto riguarda l’importo che la data di sopravvenienza, e che sono connesse ad obbligazioni già presenti alla data di riferimento del bilancio, ma che troveranno una manifestazione numeraria in futuro.
Il principio contabile fa espresso divieto di rilevare accantonamenti ai suddetti conti al fine di:
        ◦ rettificare i valori dell’attivo;
        ◦ coprire rischi generici;
        ◦ coprire eventi intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio;
        ◦ rilevare passività potenziali considerate probabili, per le quali non è possibile stimare attendibilmente l’ammontare;
        ◦ rilevare passività potenziali ritenute possibili o remote.
I fondi per rischi ed oneri vanno rilevati in bilancio rispettando il principio di competenza a fronte di esborsi futuri. Ad ogni chiusura del bilancio occorre fare una analisi dei fondi rischi e oneri degli esercizi precedenti e verificarne la stima e, le eventuali rettifiche, vanno trattate come correzioni ed errori ed hanno impatto nel Conto economico.
L’OIC 31, nel paragrafo 7, dispone che i fondi per trattamento di quiescenza ed obblighi simili, sono costituiti da: “accantonamenti per trattamenti previdenziali integrativi diversi dal
trattamento di fine rapporto, nonché per la indennità una tantum spettanti ai lavoratori dipendenti, autonomi e collaboratori, in forza di legge o di contratto, al momento della cessazione del relativo rapporto”.
Tali fondi risultano essere stanziati a copertura di oneri che presentano natura determinata ed esistenza certa, ma l'ammontare che andrà riconosciuto al dipendente alla cessazione del rapporto di lavoro non è certo in quanto va calcolato in funzione della durata del rapporto stesso oltre che di una serie di condizioni di maturazione previste dai contratti di lavoro.
Tuttavia, per determinati trattamenti di quiescenza è possibile effettuare una stima attendibile alla data di riferimento del bilancio.
Il Codice civile nell’art. 2424 dispone che i fondi per rischi e oneri vanno esposti nel Passivo dello Stato patrimoniale nelle seguenti voci:
    B) Fondi per rischi e oneri:
        1) per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
        2) per imposte, anche differite;
        3) strumenti finanziari derivati passivi;
        4) altri.
Per le società che redigono il bilancio in forma abbreviata, l'art. 2435-bis del Codice civile stabilisce che: “lo stato patrimoniale comprende solo le voci contrassegnate nell'art. 2424 con lettere maiuscole e con numeri romani”.
Ne consegue che nel bilancio abbreviato i Fondi per rischi e oneri vanno esposti come un'unica voce, ossia: B) Fondi per rischi ed oneri.

La correzione di errori
Principale importanza assume il controllo per verificare se nell’esercizio o in quello precedente risultano commessi errori contabili.
Nel merito, il Principio contabile OIC 29 precisa i contenuti degli errori e li distingue in due categorie:
            1. errori determinanti che incidono sull’attendibilità del bilancio di esercizio;
            2. errori non determinanti che non incidono sull’attendibilità del bilancio di esercizio.
Nel primo caso, il detto Principio distingue due diversi interventi:
    a) imputazione degli effetti della correzione nel Conto economico dell’esercizio in cui si è individuato l’errore, sconsigliando di procedere alla correzione di errori determinanti, mediante la rettifica delle riserve esistenti, in quanto si violerebbe il principio della continuità dei bilanci, nonché l’assunto generale in base al quale tutti i ricavi e tutti i costi devono passare per il Conto economico;
    b) correzione e riapprovazione dei Bilanci degli esercizi precedenti errati.
Nel secondo caso, lo stesso Principio contabile prevede che l’errore deve essere rimosso attraverso:
    a) la rettifica dell’attività o della passività interessata all’errore;
    b) l’imputazione al Conto economico dell’esercizio in corso: nella voce B) 14) “oneri diversi di gestione”, nel caso di accertamento di minori attività o di maggiori passività di bilancio; nella voce A)5) “altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio”, nel caso di accertamento di maggiori attività o di minori passività di bilancio.
Non è possibile stabilire a priori se un errore è determinante o meno, ma è necessario valutare caso per caso in base all’incidenza dell’errore sul bilancio.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui viene rilevata una perdita di 10.000 euro a fronte di una perdita reale di euro 12.000. Benché la differenza tra i due importi sia minima, potrebbe verificarsi che, nel secondo caso, la perdita faccia diminuire il capitale sociale di oltre 1/3 e nel primo caso no.
È evidente che nelle due ipotesi si avrebbero effetti di natura civile con effetti legali, totalmente differenti e l’errore potrebbe essere considerato determinante anche se la differenza tra valori reali e contabili risulti esigua.
Occorre non dimenticare che della correzione di errori è necessario fornire, comunque, adeguata informazione nella Nota integrativa.
Quando si è di fronte ad errori determinanti e molto gravi da poterne discendere la nullità o l’annullabilità della delibera di approvazione del bilancio, è necessario procedere a una nuova approvazione del bilancio da parte dell’Assemblea, rimuovendo la delibera precedente.
Un altro elemento da valutare, al fine di individuare l’azione correttiva più adatta, è il momento in cui l’errore viene riscontrato.
In questo caso si dovranno distinguere:
        1) errori individuati entro la chiusura dell’esercizio in cui sono stati commessi;
        2) errori individuati oltre la chiusura dell’esercizio in cui sono stati commessi.

Nel primo caso, gli errori che vengono individuati prima della chiusura/deposito del bilancio sono quelli che presentano minori problematiche di tipo contabile. Tale considerazione è giustificata dal fatto che, poiché l’inesattezza viene riscontrata tempestivamente, non si verificheranno effetti sull’attendibilità del bilancio d’esercizio.
Tuttavia, è probabile che si verifichino delle criticità da un punto di vista fiscale. Si pensi, ad esempio, alla possibilità che l’errore abbia comportato la liquidazione dell’IVA in misura inferiore al dovuto, ovvero il mancato versamento entro i termini di legge di una ritenuta d’acconto.
Nella maggior parte dei casi, la correzione della scrittura errata potrà essere effettuata mediante una scrittura di rettifica di segno opposto a quella sbagliata, così come illustrato negli esempi di seguito riportati.

Se l’errore ha influito sulla liquidazione periodica IVA, si dovrà rilevare anche il debito tributario relativo alle sanzioni e agli interessi dovuti per il minor versamento effettuato (da regolarizzare mediante ravvedimento).

Nel secondo caso, si dovrà prestare particolare attenzione quando l’errore contabile viene individuato a bilancio chiuso (e depositato). In tale eventualità si dovrà valutare preventivamente l’entità dell’errore.
Come già accennato, se l’errore è determinante a tal punto da comportare l’annullabilità o la nullità del bilancio, sarà necessario redigere nuovamente il bilancio dell’esercizio e quelli successivi. Di conseguenza, occorrerà riformulare un progetto di bilancio, riapprovarlo e depositarlo nuovamente.
Al riguardo, il Principio Contabile OIC 29 specifica che: “Una correzione di errore deve essere rilevata in bilancio nel momento in cui si individua l’errore e, nel contempo, sono disponibili le informazioni ed i dati per il suo corretto trattamento. La correzione di errori rilevanti commessi in esercizi precedenti è contabilizzata sul saldo d’apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui si individua l’errore. Solitamente la rettifica viene rilevata negli utili portati a nuovo. Tuttavia, la rettifica può essere apportata a un’altra componente del patrimonio netto se più appropriato. La correzione di errori non rilevanti commessi in esercizi precedenti è contabilizzata nel conto economico dell’esercizio in cui si individua l’errore.”
È inoltre da rilevare che quando i saldi dei conti patrimoniali variano in modo rilevante rispetto agli anni precedenti, a seguito delle correzioni, la Nota integrativa dovrà esporre e motivare gli interventi che hanno determinato tali variazioni.

    6. Le imposte sul reddito di esercizio

A fine esercizio, in sede di chiusura del Bilancio delle imprese, è necessario, tra l’altro, calcolare le imposte dell’esercizio e redigere le relative scritture contabili.
La rilevazione delle imposte e le relative scritture contabili sono le ultime operazioni che vanno effettuate dopo aver completato la contabilizzazione di tutti gli altri accadimenti aziendali che trovano traduzione nelle scritture contabili e in quelle di rettifiche e assestamento, derivanti dalla corretta applicazione delle disposizioni dettate dal Codice civile, integrate dai Principi Contabili Nazionali (OIC 25) o dai Principi contabili internazionali IAS/IFRS.
Al riguardo, è da premettere che le regole di determinazione del reddito di esercizio civilistico, derivante dalla contrapposizione di costi e ricavi, spesso divergono da quelle fiscali contenute nel Testo Unico delle Imposte Dirette (D.P.R. 917/1986), in quanto, i valori attribuiti ad una attività o passività, secondo criteri civilistici, divergono da quelli riconosciuti ai fini fiscali.
Difatti, l’art. 83 del TUIR dispone che: “Il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal Conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo d'imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione”.
Pertanto, il reddito determinato secondo le regole civilistiche non rappresenta l'importo sul quale vengono calcolate le imposte ma soltanto un punto di partenza dal quale, dopo le opportune variazioni in aumento o in diminuzione, ricavare e calcolare il reddito fiscale di impresa tassabile.
Le imposte a carico dell’esercizio delle società di capitali, residenti nel territorio dello Stato sono, tuttora: IRES e IRAP, le quali, se esistenti, vanno iscritte nella voce 20) del Conto economico. L’importo da iscrivere in detta voce comprende l’intero ammontare dei tributi di competenza dell’esercizio al quale si riferisce il bilancio o di esercizi precedenti.
La voce altresì comprende la differenza positiva (o negativa) tra l’ammontare dovuto a seguito di un contenzioso o di un accertamento rispetto al valore del fondo accantonato in anni precedenti (OIC 12).
Le imposte IRES e IRAP sono disciplinate rispettivamente dagli articoli 72 e seguenti del TUIR (IRES) e dal D. Lgs. 446/1997 (IRAP).
L’IRES (Imposta sul reddito delle Società) è una imposta personale, proporzionale e globale costituita da una percentuale fissa, che non varia al variare del reddito, attualmente l’aliquota ordinaria per le società di capitali residenti è pari al 24%.
Tale imposta si applica sul reddito complessivo netto (art. 75 del TUIR) per periodi di imposta, determinato secondo le disposizioni dettate dagli articoli da 81 a 116 del TUIR.
I criteri per l'individuazione dei soggetti passivi all'IRES sono stabiliti dall'art. 73 del TUIR, e sono: la residenza (3°comma) e l'oggetto delle attività (4° e 5° comma).
L’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) è un’imposta il cui presupposto è l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di servizi.
L’attività delle società di capitali costituisce, in ogni caso, presupposto d’imposta IRAP. Essa è commisurata al valore della produzione netta, derivante dall’attività esercitata nel territorio della Regione, con l’attuale aliquota del 3,9%, ma variabile per Regioni, settori e tipologie di attività, nonché per tipologie di soggetti passivi, nel limite massimo di 0,92 punti percentuali, per effetto dell’art. 16, comma 3, del decreto; la variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.
Il Governo, con il D.L. 19 maggio 2020, n. 34, ha introdotte misure atte a rilanciare il sistema economico italiano, duramente colpito dalla crisi economica indotta dalla diffusione dell’epidemia COVID-19, agevolando le imprese soggette ad IRAP. Però, ne possono usufruire solo le imprese che hanno avuto un’improvvisa carenza o una mancata disponibilità di liquidità a causa della suddetta epidemia.
Il Governo, tra le misure atte a ridurre le imposte, con Legge 30 dicembre 2021 conferma l’esclusione dell’imposta IRAP, a decorrere dal periodo di imposta 2022, per gli imprenditori e professionisti che esercitano l’attività in forma individuale.
Tali soggetti, anche se non più soggetti a tale imposta dal 2022, in tale anno dovranno ancora:
    a) presentare la dichiarazione IRAP 2022 relativa al 2021, entro il 30 novembre 2022;
    b) versare il saldo IRAP relativo al 2021, entro il 30 giugno 2022, ovvero entro il 22 agosto 2022 con la maggiorazione dello 0,40%;
Continueranno, invece, a essere sottoposti a IRAP tutti gli altri soggetti passivi del tributo quali:
    • le società di capitali, le società cooperative, gli enti commerciali e i soggetti a questi equiparati;
    • le società di persone commerciali e le società ad esse equiparate;
    • gli enti privati non commerciali e le amministrazioni pubbliche;
    • gli studi associati e le associazioni professionali, virtù di quanto disposto dalle Sezioni Unite della Cassazione con le sentenze 7371/2016 e 7291/2016.
Prima di procedere al calcolo delle imposte di esercizio (IRES e IRAP) è da rilevare che nello
Stato patrimoniale:
    a) tra le attività, nella macro-voce C) II Crediti, figurano le voci:
        ◦ 5-bis) “crediti tributari”, ove confluiscono le imposte versate in eccedenza rispetto al dovuto e chieste a rimborso;
        ◦ 5-ter) “imposte anticipate” nella quale si memorizzano le imposte pagate anticipatamente in ossequio alla normativa fiscale.
    b) tra le passività, all’interno della voce B) Fondi per rischi e oneri, figura la voce:
        ◦ B) 2) “per imposte, anche differite”.

Nel Conto economico, la voce 20) “imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate” comprende:
    • le imposte correnti sono quelle che rappresentano il debito nei confronti dell’Erario derivanti dalla dichiarazione dei redditi;
    • le imposte differite sono quelle di competenza dell’esercizio corrente ma che avranno rilevanza fiscale negli esercizi futuri;
    • le imposte anticipate sono quelle di competenza economica di esercizi successivi ma che hanno la loro rilevanza fiscale nell’esercizio corrente.
Infine, è da precisare che nella voce 20) trovano allocazione, così come confermato dal Principio contabile OIC 11, le seguenti imposte:
    • IRES;
    • IRAP;
    • Le imposte sostitutive dei suddetti tributi;
    • Gli eventuali acconti o importi versati per ritenute e saldi di imposte.

Considerato che nel Conto economico la classificazione dei costi è operata per natura, i tributi diversi dai precedenti, quali ad esempio: IVA indetraibile, imposta di registro, imposte ipotecarie e catastali, tassa sulle concessioni governative, imposta di bollo, IMU, ecc. vanno contabilizzate nella voce B) 14) “Oneri diversi di gestione”.
Le imposte di qualsiasi altro genere e relative a imposte e sanzioni, di competenza di esercizi precedenti a quello di riferimento del bilancio, vanno rilevate nella voce 20 del Conto economico (OIC 25). Infine, è da sottolineare che, per l’iscrizione in bilancio delle imposte, si deve rispettare il principio generale della rappresentazione veritiera e corretta di cui al 2° comma dell’art. 2423
c.c. e il principio di competenza dettato dall’art. 2423-bis, comma 1.
Ai fini di una più esaustiva e puntuale informazione, nella Nota integrativa (art. 2427, comma 1,
n. 14) deve essere inserito un apposito prospetto contenente:
    a) la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione di imposte differite e anticipate, specificando l’aliquota applicata e le variazioni rispetto all’esercizio precedente, gli importi accreditati o addebitati al Conto economico o a Patrimonio netto;
    b) le voci escluse dal computo e le relative motivazioni;
    c) l'ammontare delle imposte anticipate contabilizzate in bilancio attinenti a perdite dell'esercizio o di esercizi precedenti;
    d) le motivazioni dell'iscrizione, l'ammontare non ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata iscrizione.

Inoltre, è da rilevare che l'art. 2435-bis, comma 5 del Codice civile, prevede che sono omesse nella Nota integrativa del bilancio in forma abbreviata le informazioni di cui al numero 14 dell’art. 2427 c.c., pertanto tale informazione sono facoltative.
Per quanto concerne la Relazione sulla gestione (art. 2428 c.c.), non sono previste informazioni specifiche riguardanti le imposte dell’esercizio e, pertanto, anche in tal caso, tali informazioni sono facoltative. In merito alla deducibilità dei costi e dei ricavi, le norme tributarie prevedono che siano rispettati i seguenti principi:
    1) inerenza: un costo è deducibile se finalizzato alla produzione di un reddito;
    2) competenza: fa riferimento alla competenza economica, con alcune eccezioni (es: compensi agli amministratori, se pagati secondo il principio di cassa allargato);
    3) certezza: i costi devono essere certi, determinati e documentati, salvo alcune eccezioni (svalutazioni crediti ecc.);
    4) iscrizione: salvo ipotesi espressamente indicate, un costo per essere deducibile deve essere iscritto nel Conto economico;
    5) imputazione specifica: un costo è deducibile se finalizzato alla produzione di un reddito su cui si pagano le imposte.

Per quanto concerne l’inerenza, se l’onere economico non appare riconducibile, in via diretta ed immediata ad alcuna attività della Società, non è deducibile.
Per i compensi corrisposti agli amministratori, essi sono deducibili dal reddito delle società di capitali nel periodo di imposta in cui sono corrisposti (deducibilità per cassa, ai sensi dell’art. 95,
c. 5 del TUIR).
La deducibilità per cassa dei compensi rappresenta una deroga al principio della competenza delle società di capitali. Comunque, è necessario fare una distinzione a seconda che l’amministratore percipiente sia un professionista o non professionista.
Quando l’attività di amministratore viene svolta da un professionista il compenso percepito concorrerà alla formazione del reddito dello stesso secondo il principio di cassa, analogamente la deduzione per la società erogante avverrà sempre nell’esercizio in cui il compenso è stato pagato.
Invece, se l’attività di amministratore viene svolta da un soggetto non professionista senza partita IVA, il compenso da esso percepito rientra tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50 c. 1, lett. c-bis del TUIR e la deduzione da parte della società erogante avviene sempre secondo il principio di cassa, e, in tal caso, si applica il “principio di cassa allargato” (art. 51 del TUIR), in base al quale si considerano percepiti nel periodo d’imposta le somme e i valori in genere corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12/01 del periodo di imposta successivo.
Da ciò deriva che sono diverse le conseguenze a seconda che l’amministratore sia o meno un professionista:
    a) amministratore professionista: il pagamento di un compenso afferente all’esercizio 2021, avvenuto, ad esempio il giorno 10 gennaio 2022, sarà deducibile per la società nel 2021 e imponibile per il professionista percipiente nell’esercizio 2022. Qualora l'amministratore svolga tale attività a titolo di lavoratore autonomo con partita IVA ha invece rilevanza il momento del pagamento e non si applica il criterio di cassa allargato;
    b) amministratore non professionista: il compenso sarà rilevante fiscalmente per entrambi i soggetti nell’esercizio 2021.
Infine, è da rilevare che ai fini dell’imputazione temporale, in caso di bonifico, è rilevante il momento in cui l'emolumento entra nella disponibilità del beneficiario.
Nel caso di pagamento con assegno bancario, rileva la data di emissione del titolo, mentre il pagamento in contanti sarà certificato dalla data apposta dal ricevente sulla fattura (in caso di busta paga è vietato il pagamento in contanti).

        6.1 La procedura per il calcolo dell’IRES
La procedura per la determinazione dell'imposta lorda ai fini IRES, si effettua partendo dal risultato del Conto economico ante imposte, il cui schema è redatto in base all'art. 2425 del Codice civile, rettificato mediante variazioni “extra contabili”, in aumento e in diminuzione, previste dalla normativa fiscale, la quale con l’art. 83, comma 1 del TUIR, recita: “il reddito complessivo è determinato apportando all'utile o alla perdita risultante da conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo di imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione”.
Trattasi del noto “Principio di derivazione rafforzata”, in funzione del quale le regole contabili, previsti dai Principi Nazionali OIC e Internazionali, assumono rilevanza anche ai fini fiscali.
Le microimprese (art. 2435-ter) sono escluse dall’applicazione del suddetto principio. Da ciò deriva che le “regole contabili” costituiscono il punto di partenza per il calcolo della base imponibile IRES. Le eventuali variazioni vengono effettuate nella dichiarazione dei redditi, distintamente per ciascun componente.
La procedura, per le variazioni in aumento e in diminuzione, stabilite dalle norme contenute nella Sezione I del Capo II del TUIR, è la seguente:
UTILE LORDO (ante imposte)
+ Rettifiche per costi totalmente o parzialmente indeducibili
+ Rettifiche per ricavi fiscali ma non civilistici
    • Rettifiche per costi riconosciuti fiscalmente nell’esercizio
    • Rettifiche per ricavi fiscali
= IMPONIBILE FISCALE, cui applicare l’aliquota IRES del 24%.
Le variazioni in aumento consistono sia in costi che fiscalmente non sono deducibili o non sono deducibili nella misura imputata a Conto economico, sia in proventi da assoggettare a tassazione, anche se non imputati civilisticamente a ricavo.
Le variazioni in diminuzione sono costituite da proventi non tassabili e da detrazioni previste da specifiche norme.
Le suddette variazioni possono essere distinte in base alla loro natura in:
    • Permanenti: riguardano variazioni del reddito imponibile che sorgono nel dato periodo e non producono effetti negli esercizi successivi, es: sanzioni amministrative (variazioni in aumento); non imponibilità dei ricavi, es: alcune sopravvenienze attive (variazioni in diminuzione).
    • Temporanee: sono costituite da variazioni del reddito imponibile di periodo e producono effetti negli esercizi successivi (es. spese di manutenzioni e riparazioni o ricavi derivanti da plusvalenze rateizzate (variazioni in diminuzione).
Importanza fondamentale, per determinare le variazioni per il calcolo delle imposte, assume il principio della competenza, così come disposto dal 1° comma dell’art. 109 del TUIR che così si esprime: “I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi o negativi (…) concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza (…)”.
Detto principio, da un punto di vista fiscale, si sostanzia in due presupposti fondamentali:
    1) certezza dell’esistenza del singolo componente reddituale;
    2) obiettiva determinabilità dei componenti del reddito.

La certezza si ha, ad esempio, con la consegna o spedizione della merce o la stipula di un contratto. Per la determinabilità è necessario che i componenti positivi e negativi di reddito risultino da atti o documenti probatori, come fatture ricevute etc.
L’art. 109 comma 1, prevede alcune eccezioni al principio generale della competenza, ammettendo, in taluni casi, la tassazione secondo il principio di cassa, quali, ad esempio:
        ◦ i contributi in conto capitale (art. 88 comma 3, lett. b) del TUIR);
        ◦ gli interessi di mora (art. 109, comma 7 del TUIR);
        ◦ i compensi spettanti agli amministratori (art. 95, comma 5 del TUIR);
        ◦ le imposte deducibili ed i contributi corrisposti alle associazioni sindacali e di categoria (art. 99 del TUIR).

Altro presupposto per la deducibilità dei costi sostenuti dalla società è quello dell’inerenza.
Tale principio è previsto dall’art. 109, comma 5 del TUIR, il quale dispone: “Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi”.
Da ciò si evince che, tutto ciò che non riguarda la sfera imprenditoriale della società, non può essere dedotta fiscalmente.
Per quanto sopra osservato, il reddito d’impresa non coincide quasi mai con il risultato d’esercizio emergente dal Conto economico del bilancio di esercizio.
La differenza positiva o negativa di fine esercizio, come già detto, funge, infatti, da base di partenza per il calcolo del reddito. Detto valore deve essere rettificato per tener conto delle variazioni fiscali in aumento o in diminuzione previste dalle disposizioni del TUIR e, quindi per la determinazione dell’imposta da versare.
È infine da precisare che, per le società di capitali non residenti in Italia, la base imponibile IRES è formata soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato.

            6.1.1 La base imponibile IRES
Come appena accennato e da tenere presente che per il calcolo delle imposte, il risultato civilistico evidenziato nel bilancio costituisce “l’input”, cioè il dato iniziale per la determinazione del reddito d’impresa, per mezzo di aggiustamenti e/o rettifiche.
Sulla base di quanto sopra espresso, la determinazione del reddito d’impresa si manifesta attraverso un articolato procedimento e, cioè:
                a) individuazione e quantificazione dell’utile o perdita di esercizio sulla base delle regole contabili;
                b) analisi dei singoli fatti di gestione individuando i relativi componenti di reddito specificamente disciplinati dalle disposizioni fiscali;
                c) rettifica, in sede di dichiarazione dei redditi, del risultato civilistico, apportando variazioni in aumento per i componenti di reddito che risultano non deducibili o tassabili con modalità e tempi diversi rispetto all’esposizione in bilancio, o variazioni in diminuzione per i componenti di reddito che risultano deducibili ovvero non tassabili con modalità e tempi diversi rispetto all’esposizione in bilancio, determinando così il reddito imponibile.

E’ da osservare che, quando una determinata fattispecie contabile non è contemplata da alcuna norma tributaria, dal principio di derivazione di cui all’art. 83 del TUIR discende che, per i relativi componenti di reddito, non occorre apportare alcuna variazione in sede di dichiarazione dei redditi; ciò significa che le scelte operate in sede di redazione del bilancio assumono diretta valenza anche ai fini della determinazione del reddito d’impresa e sono pienamente rilevanti in sede di dichiarazione dei redditi.

            6.1.2 I criteri di tassazione di alcune voci di costo/spese delle società
Di seguito vengono indicate alcune voci di costo/spese sostenute dalle società ai fini della tassazione:
    1) Le spese di rappresentanza (art. 108, comma 2)
Il TUIR dispone specifici criteri di qualificazioni delle dette spese e limiti quantitativi di deducibilità, rapportandole al volume dei ricavi d’impresa prevedendo che:
        a) il sostenimento della spesa abbia finalità promozionali o di pubbliche relazioni e risponda a criteri di ragionevolezza e coerenza;
        b) la spesa non sia collegata ad una controprestazione (criterio della gratuità).

La Circolare n. 34/E/2009 ha disposto che il requisito della coerenza deve essere verificato in alternativa a quello della ragionevolezza, precisando che:
    • se una spesa non è ragionevole in termini di costi/benefici, ma risulta coerente con le pratiche del settore, essa può comunque essere considerata spesa di rappresentanza (deducibile entro il plafond);
    • se la spesa è ragionevole, essa può anche non essere coerente con le pratiche del settore.

Le spese di rappresentanza vanno commisurate all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa, risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui le stesse sono sostenute, in misura pari:
    • all’1,5% dei ricavi e altri proventi fino a 10.000.000 di euro;
    • allo 0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eventualmente eccedente 10.000.000 e fino a 50.000.000 euro;
    • allo 0,4% dei ricavi e altri proventi per la parte eventualmente eccedente 50.000.000 euro.
L’eccedenza di spesa di rappresentanza rispetto ai limiti sopra indicati non è deducibile. Vengono considerate spese di rappresentanza ad esempio:
    • viaggi turistici;
    • feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o di festività nazionali o religiose;
    • feste, ricevimenti e altri eventi in occasione dell’inaugurazione di nuovi sedi, uffici e stabilimenti dell’impresa;
    • altri eventi in occasione di mostre, fiere ed eventi simili in cui sono esposti beni e servizi prodotti dalle imprese;
    • beni, prodotti e servizi erogati gratuitamente, anche per convegni, seminari e manifestazioni simili il cui sostenimento risponda ai criteri di inerenza.

Le spese sostenute per il vitto, l’alloggio e la somministrazione di alimenti e bevande per clienti (spese di ospitalità), vanno computate nel limite del 75% del loro ammontare. Sono escluse da tale limitazione solo le spese di vitto e alloggio sostenute da dipendenti e collaboratori in occasione di trasferte al di fuori del territorio comunale di lavoro.
Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario di valore non superiore a 50 euro.

    2) Le spese per mezzi di trasporto (art. 164 TUIR)
Le spese relative ai mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell’esercizio di imprese arti e professioni, sono deducibili nel seguente modo:
    • autocarri strumentali all’attività, 100%;
    • autovetture date in uso promiscuo ai dipendenti, 70%;
    • autovetture a disposizione o in uso agli amministratori, 20%.

Pertanto, in sede di dichiarazione dei redditi, è necessario effettuare le variazioni fiscali in aumento per le differenze (eccetto per gli autocarri strumentali all’attività).
    3) Spese per telefonia (art. 109 TUIR)
Le spese telefoniche, in relazione ai servizi telefonici fissi e mobili e ai collegamenti telematici, sono deducibili nella misura dell'80%, con variazione fiscale in aumento del 20% in sede di dichiarazione dei redditi.
    4) Imposta Municipale Unica (IMU)
La deducibilità dell’IMU relativa agli immobili strumentali è fissata per gli anni 2020 e 2021 nella misura del 60% mentre per il 2022 al 100%.
Il regime di deduzione è quello di cassa ed è indeducibile ai fini IRAP.
Sono esenti dall’imposta i terreni agricoli intesi come terreni iscritti in Catasto a qualsiasi uso destinati compresi quelli non coltivati.
È da precisare che il trattamento di favore spetta a tutti i soggetti aventi la qualifica di IAP (Istituto Autodisciplina Pubblicitaria) e nel caso di società di capitali o cooperative quando almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative sia in possesso della qualifica di IAP. Inoltre, per i CD e IAP (persone fisiche e società), il regime di favore si estende alle aree
fabbricabili come definite dall’articolo 36, comma 2 del D.L. 223/2006 (convertito L. n. 248/2006).

    5) Ammortamento dei beni materiali (art. 102 TUIR)
Le quote di ammortamento dei beni materiali sono deducibili:
    • Civilisticamente: dall’esercizio a partire dal quale il bene entra nel patrimonio aziendale e l’ammortamento può decorrere dal periodo in cui il bene è concretamente utilizzabile, oppure nel momento in cui se ne entra in possesso, anche prima che l'utilizzo sia effettivamente iniziato.
    • Fiscalmente: a partire dall’esercizio di effettiva entrata in funzione del bene strumentale materiale (art. 102, co. 1 del TUIR). La norma fiscale prevede di rinviare la deduzione degli ammortamenti agli esercizi nei quali essi concorrono a produrre ricavi.
Il costo ammortizzabile comprende anche gli oneri accessori di diretta imputazione. Il legislatore fiscale per la determinazione delle quote di ammortamento prevede una regola generale, secondo la quale la deduzione è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione, al costo dei beni, dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministero delle Finanze pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
I coefficienti fiscali sono stati stabiliti per categorie omogenee, in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi. Esistono delle tabelle che stabiliscono le aliquote ordinarie di ammortamento applicabili al costo dei beni, che variano in funzione dei settori produttivi.
Nel primo esercizio di entrata in funzione del bene il coefficiente ordinario applicabile è ridotto alla metà (art.102 co. 2 TUIR).
Il trattamento fiscale delle spese di manutenzione prevede due opzioni:
    1) Imputazione delle spese di manutenzione ad incremento del costo del bene al quale si riferiscono. I costi incrementativi vengono capitalizzati in bilancio sul valore del cespite ed assumono rilevanza fiscale a tutti gli effetti.
    2) Le spese di manutenzione riparazione ammodernamento e trasformazione, quando non sono imputati incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili fiscalmente nell'esercizio in cui sono stato sostenuto nei limiti del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili.
Per determinare la quota deducibile, si deve applicare la percentuale del 5% del costo complessivo di tutti i beni ammortizzabili esistenti del periodo d'imposta, compresi quelli sui quali non è stato effettuato alcun intervento di manutenzione.
Per i canoni di assistenza contrattualmente stabiliti, dalla normativa fiscale è riconosciuta la deducibilità integrale nell'esercizio in cui gli stessi sono sostenuti.
Le manutenzioni eccedenti il limite del 5% devono essere iscritte nel Registro dei beni ammortizzabili, esse sono deducibili a quote costanti nei 5 esercizi successivi, mediante corrispondenti variazione in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi.
    6) Plusvalenze patrimoniali (art. 86 TUIR)
Le plusvalenze patrimoniali concorrono a formare il reddito:
        ◦ per l'intero ammontare nell'esercizio in cui sono state realizzate;
        ◦ in quote costanti nell'esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto se i beni siano stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni.

Se l'impresa, nell'esercizio del realizzo della plusvalenza, ha conseguito una perdita fiscale, non avrà alcun interesse alla rateizzazione; nel caso in cui la società preveda una perdita per l'esercizio futuro, fiscalmente avrà interesse a riportare in avanti la plusvalenza attraverso la rete relativa alla rateizzazione.
La riduzione del reddito di bilancio si esegue attraverso due variazioni fiscali:
        ◦ variazioni in diminuzione per l'intera plusvalenza;
        ◦ variazioni in aumento per la quota associata all’esercizio (intera o in quote costanti).

    7) Gli interessi passivi (art. 96 e 109 TUIR)
Il D. Lgs. 142/2018, ha apportato modifiche all’art. 96 del TUIR, a partire dall’anno 2019. In particolare, la disposizione è applicabile agli interessi passivi e agli interessi attivi, nonché agli oneri finanziari e ai proventi finanziari ad essi assimilati, che sono qualificati come tali dai principi contabili adottati dall’impresa e che derivano da un’operazione o da un rapporto contrattuale aventi causa finanziaria o da un rapporto contrattuale contenente una componente di finanziamento significativa.
Gli interessi attivi assumono rilevanza nella misura in cui sono imponibili. Assumono rilevanza come interessi attivi o interessi passivi anche i proventi e gli oneri che, pur derivando da strumenti finanziari che, in base alla corretta applicazione dei principi contabili adottati, sono qualificati come strumenti rappresentativi di capitale, sono imponibili e deducibili in capo, rispettivamente, al percettore o all’erogante.
In sostanza, il decreto ha stabilito che:
    • sono deducibili gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati fino a concorrenza dell'ammontare complessivo non solo degli interessi attivi e proventi finanziari assimilati di competenza del periodo d'imposta, ma anche di quelli riportati da periodi d'imposta precedenti;
    • qualora in un periodo di imposta l’importo degli interessi attivi e dei proventi finanziari assimilati di competenza sia superiore alla somma tra gli interessi passivi gli oneri finanziari
assimilati di competenza e di quelli riportati da periodi d'imposta precedenti, l’eccedenza di interessi attivi può essere riportata nel periodo d'imposta successivo;
    • l’eccedenza degli interessi passivi e degli oneri finanziari assimilati rispetto all’ammontare complessivo degli interessi attivi, è deducibile nel limite dell’ammontare risultante dalla somma tra il 30% del risultato operativo lordo (ROL) del periodo d'imposta e di quello riportato da periodi di imposta precedenti, utilizzando prioritariamente il 30% del ROL del periodo d’imposta e successivamente il 30% del ROL riportato da periodi d’imposta precedenti, a partire da quello relativo al periodo d'imposta meno recente;
    • qualora risulti un’eccedenza del 30% del ROL dell’esercizio, rispetto agli interessi passivi, questa può essere portata a incremento del ROL dei successivi 5 periodo di imposta.

E da chiarire che il risultato operativo lordo ROL, al contrario del passato non è determinato come differenza contabile tra le voci A) e B) del Conto economico nettizzate di ammortamenti di immobilizzazioni materiali e immateriali, di canoni di locazione finanziaria e di componenti straordinari da trasferimenti di aziende/rami d’azienda. Si determina un ROL fiscale, ossia facendo sempre la differenza tra A) e B), tuttavia nettizzate solo degli ammortamenti di immobilizzazioni immateriali e materiali e di canoni di locazione finanziaria e tutte le voci (di ricavo o costo), assunte al loro valore fiscale, apportando le variazioni in aumento e in diminuzione previste ai fini fiscali.